Articolo ispirato alla tesina di Marica Carrera, nuova insegnate formata in Yoga in Gravidanza con metodo MamYoga®

La gravidanza è un tempo in cui tutto si riorganizza: il corpo cambia, i ritmi si trasformano, le emozioni si fanno più intense. Ma soprattutto, nasce una nuova relazione. Prima ancora che il bambino venga alla luce, qualcosa fra madre e creatura comincia a tessersi, piano, in silenzio. È questo filo invisibile che oggi chiamiamo bonding prenatale: un legame affettivo profondo che inizia molto prima del parto e che tocca il corpo, la mente e il cuore.

Negli ultimi anni le neuroscienze prenatali hanno confermato ciò che l’esperienza delle madri ha sempre intuito: il bambino nella pancia sente, percepisce, memorizza. È già coinvolto nella relazione. Il cervello fetale si sviluppa con una rapidità incredibile e reagisce agli ormoni materni, agli stati emotivi, alla qualità del respiro, del riposo, della voce. Quando la madre si calma, respira profondamente, si prende cura di sé, non lo fa solo per sé stessa: lo fa anche per il proprio bambino.

Il bambino nella pancia è già in dialogo

Questa tesina, da cui nasce il blog che stai leggendo, prende avvio da un’idea semplice ma rivoluzionaria: il feto non è un osservatore passivo. Nel corso dei mesi, sviluppa progressivamente tatto, udito, gusto, olfatto, percezione del movimento e della luce.

Le carezze sul ventre, un massaggio delicato, una mano che si appoggia sul pancione la sera sul divano… poco a poco diventano segnali riconoscibili, quasi appuntamenti emotivi. Allo stesso modo, la voce materna – e quella del partner – arriva al bambino come vibrazione e come emozione: non importa tanto il contenuto delle parole, quanto il tono, il ritmo, la presenza.

Anche il gusto e gli odori dei cibi passano, attraverso il liquido amniotico, come piccole anticipazioni del mondo. La luce filtrata, il movimento del corpo materno, il salire e scendere del diaframma, il ritmo del cuore: tutto è relazione. La gravidanza diventa così un ambiente di apprendimento e di contatto continuo.

Un legame che è corpo, psiche e affetto

Il bonding prenatale non è solo “sentirsi emozionate per la gravidanza”: è un processo complesso, che intreccia dimensioni biologiche, psicologiche e affettive.

Il corpo della madre, con i suoi ormoni e i suoi stati interni, crea una vera e propria “clima emotivo” in cui il bambino cresce. La psicologia perinatale ci ricorda quanto sia importante la qualità di questo clima: ansia, stress cronico, mancanza di sostegno possono rendere più faticosa la regolazione emotiva; al contrario, momenti di respiro consapevole, ascolto, rilassamento, sostegno relazionale facilitano lo sviluppo di una base interna più sicura.

Sul piano affettivo, il bonding nasce proprio dall’investimento emotivo: dal pensare al proprio bambino, rivolgergli parole, riconoscere i suoi movimenti, dargli spazio nella propria immaginazione. È già una forma di accudimento, prima ancora di poterlo prendere in braccio.

Lo yoga come lingua condivisa

In questo quadro, lo yoga prenatale diventa un linguaggio privilegiato. Non è una ginnastica “adatta alla gravidanza”, ma una pratica che può rendere visibile e tangibile la relazione.

Nel lavoro di tirocinio, Marika ha dedicato intere lezioni al bonding: centrature del respiro, respiro cuore–grembo, movimenti dolci in quadrupedia, passaggi morbidi verso Balasana, posizioni in piedi di radicamento come la Dea o l’Albero, appoggi alla parete o alla fitball per sentirsi sostenute. Ogni postura, ogni gesto, era un’occasione per ascoltare il bambino, per percepire dove si muoveva, come rispondeva, cosa cambiava nel corpo.

Lo yoga così non è “fare bene le posizioni”, ma abitare il proprio corpo come spazio condiviso, in cui la madre si concede di sentire, non solo di funzionare. Nei momenti in cui la mano si posa spontaneamente sul ventre, in cui il respiro si fa più lento e gli occhi si chiudono, diventa evidente che la pratica sta costruendo qualcosa di più di flessibilità: sta costruendo un legame.

Il cerchio tra mamme: sentirsi parte, non sole

Un altro elemento centrale della tesina di Marika è il valore del cerchio di condivisione tra future mamme. La gravidanza porta con sé domande, paure, aspettative, a volte anche solitudine. Sedersi in cerchio con altre donne che stanno attraversando la stessa fase della vita permette di riconoscersi, di normalizzare vissuti che spesso si crede di essere le sole a provare.

Raccontare come ci si sente, ascoltare le storie delle altre, scoprire che anche le altre hanno sogni, timori, notti insonni… tutto questo non è solo “parlare”: è costruire una rete. E quando la madre si sente sostenuta, anche il bambino beneficia di questo sostegno, perché il suo ambiente emotivo interno diventa più stabile e sicuro.

In un cerchio ben guidato, spesso si intrecciano momenti di condivisione, brevi pratiche di respiro, visualizzazioni, piccoli rituali. Ogni donna porta sé stessa e, simbolicamente, porta anche chi porta dentro di sé.

Il partner come parte attiva del legame

Il bonding prenatale non riguarda solo madre e bambino: riguarda anche il partner, qualunque sia la forma che questa figura assume nella storia familiare.

La partecipazione del partner in semplici pratiche – massaggi al ventre, momenti di respiro insieme, brevi pratiche di yoga in coppia, lettura ad alta voce al pancione – ha un impatto enorme sulla percezione di sicurezza della madre e sulla costruzione di un legame triadico madre–padre–bambino.

Spesso basta poco: sedersi accanto, appoggiare una mano, ascoltare il movimento del bambino insieme, trovare un momento della giornata che diventi “tempo per noi tre”. In questo modo, il partner non è spettatore, ma parte della storia che si sta scrivendo.

Il potere gentile della stimolazione multisensoriale

Uno degli aspetti che emergono con forza dalla tesina è l’importanza delle esperienze multisensoriali: tatto, suono, movimento, luce, emozione. Una carezza accompagnata da un respiro lento, una musica dolce ascoltata sempre negli stessi momenti della giornata, una passeggiata nel verde in cui la madre si prende il tempo di sentire l’aria sulla pelle e parlare al bambino… tutte queste esperienze, se ripetute, diventano tracce, memorie precocissime.

Non servono strumenti complessi: spesso sono proprio le piccole cose quotidiane, ripetute con consapevolezza, a creare un tessuto affettivo ricco.

Canti dell’attesa: la poesia come pratica di bonding

All’interno del suo percorso, Marika ha scelto di approfondire anche il libro “Canti dell’attesa” di Sabrina Giarratana, scoprendone la potenza come strumento di comunicazione prenatale.

La poesia, letta o sussurrata al pancione, non è solo un bel testo: è ritmo, suono, respiro che prende forma in parole. Il bambino non capisce il significato, ma percepisce il tono, le pause, la musicalità, l’emozione con cui la madre legge o canta.

Creare un piccolo rituale quotidiano – ad esempio leggere una poesia la sera, sempre nello stesso spazio, con una mano sul ventre e qualche respiro profondo – può diventare una pratica concreta di bonding. Alcune madri scelgono una poesia “preferita”, altre si lasciano guidare dall’istinto; qualcuna coinvolge il partner, creando un momento di triade, in cui è tutta la famiglia a farsi voce.

In questo modo, il libro non rimane solo sul comodino, ma entra nella relazione: ogni verso diventa una carezza sonora.

Yoga, natura e identità materna: un cammino che trasforma

Accanto allo yoga e alle pratiche sonore, l’esperienza di Marika sottolinea anche la forza del contatto con la natura: passeggiate lente, momenti di contemplazione, meditazioni camminate, piccoli allungamenti all’aperto. La natura regola il sistema nervoso, abbassa i livelli di stress, ricorda al corpo che anche lui è parte di un ciclo più grande. La calma della madre, ancora una volta, diventa nutrimento per il bambino.

In tutto questo, cambia anche l’identità della donna: la domanda “Che madre sarò?” non è un dubbio da zittire, ma una porta da attraversare con gentilezza. Pratiche come journaling, visualizzazioni guidate, yoga e mindfulness aiutano a dare spazio a queste domande, a metterle su carta o nel respiro, a trasformarle in consapevolezza anziché in ansia.

Una tesina che nasce da un percorso: la formazione Yoga in Gravidanza MamYoga®

Il lavoro di Marika nasce all’interno della Formazione Insegnanti Yoga in Gravidanza MamYoga®, un percorso che unisce neuroscienze, psicologia perinatale, teoria dell’attaccamento e pratica dello yoga, con un’attenzione profonda al vissuto emotivo delle mamme e di chi le accompagna.

Per chi sente la chiamata ad accompagnare le donne in gravidanza con competenza, delicatezza e radicamento, questa formazione offre non solo strumenti tecnici, ma anche un vero viaggio personale.

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Al termine del percorso vengono rilasciati tre attestati con valore italiano e internazionale:

  • un attestato SIAF Italia per la formazione permanente,
  • un attestato UISP riconosciuto CONI
  • e un attestato internazionale Yoga Alliance.

Non solo titoli, ma riconoscimenti che permettono di portare questo lavoro con professionalità e radicamento.

Conclusione: non siamo mai davvero sole

Se c’è un’immagine che racchiude il senso di questa tesina e del lavoro che ne è nato, è quella di una madre che, a fine pratica, resta qualche minuto in silenzio con le mani sul ventre. Respira. Sente. Si lascia emozionare da un piccolo movimento interno.

In quel momento non è sola.
È già in relazione.
È già in due.

E quel legame invisibile, che nasce nel silenzio della gestazione, continuerà a nutrire entrambi ancora a lungo, ben oltre il giorno della nascita.

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Somatics e dolore fisico: come il movimento consapevole aiuta a trasformare la percezione del dolore

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Il perineo in gravidanza: anatomia, spiritualità e propriocezione